CHI E’ FORTE?

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COLUI CHE DOMINA I PROPRI ISTINTI (PIRKE’ AVOT, 4,1)

CHI E’ FORTE? COLUI CHE SA TRASFORMARE IL PROPRIO NEMICO IN AMICO (AVOT DE-RABBI NATHAN)

 

Quello che più mi spaventa di Netanyahu è l’incapacità di entrare nella profondità dell’anima umana, soprattutto della sua.

Da psichiatra che ha lavorato per 35 anni a scavare anime e a cercare di comprendere le motivazioni profonde dei comportamenti, riflettendo sul caso Netanyahu, mi viene da pensare che le sue condotte e le sue decisioni siano motivate soprattutto da ciò che Sigmund Freud identifica come “istinto di morte” o “thanatos”, che nell’elaborazione psicanalitica si contrappone all’istinto vitale, all’eros.

Il suo disprezzo per le vite degli altri, palestinesi o israeliani o libanesi che siano, emerge con evidenza dalle sue scelte politico/militari. Non ha fatto nessuno sforzo per liberare gli ostaggi nelle mani degli aguzzini di Hamas. Anzi, sembra che abbia fatto di tutto per evitare una trattativa, lasciandoli definitivamente vittime dei loro carnefici. D’altra parte, lui stesso e l’esercito che da lui dipende, si sono trasformati in carnefici di vittime altrettanto innocenti, e penso soprattutto ai bambini palestinesi, alle loro madri, ai malati e ai vecchi inoffensivi. Ma penso anche ai soldati israeliani spediti in prima linea, spesso indotti a diventare carnefici, ma altrettanto spesso vittime del fuoco nemico, impegnati in una guerra che non possono vincere. Le circostanze delle loro morti vengono spesso sottaciute o rimosse.

Quello di Netanyahu non è semplice cinismo, o egoismo, o disinteresse per gli altri, ma disprezzo per la vita, volontà di una guerra senza fine, di distruzione, di morte. Sembra che in lui l’istinto di morte, in massima parte inconscio, prevalga su ogni altra motivazione. Questo rende le sue scelte estremamente pericolose e dannose, per i palestinesi soprattutto, ma anche per gli israeliani, per gli ebrei della diaspora, e pure per sé stesso. Infatti, chi brama la morte e l’annientamento dell’altro (seppure acerrimo nemico), a un livello più profondo ed in gran parte inconscio, è motivato da un desiderio di autodistruzione, da un “cupio dissolvi”, che purtroppo, trattandosi di un capo di stato, coinvolge tutti quanti gli sono sottoposti.

Sembra che il suo riferimento principale sia quello espresso dal motto latino “mors tua vita mea”, piuttosto che dal detto talmudico “chi salva una vita è come se salvasse il mondo intero” (Sanhedrin 4,5). Sembra quindi totalmente alienato dalle sue stesse radici, ed impiantato in un contesto culturale che gli dovrebbe essere estraneo.

Mi sono tornate in mente due frasi attribuite a Stalin, il sanguinario dittatore dell’URSS. “La morte di un uomo è una tragedia; la morte di un milione di uomini è una statistica”. Sembra che Stalin, che realmente ha provocato la morte di milioni di persone, avesse almeno in parte coscienza della tragedia della morte di un singolo uomo, per quanto in lui prevalesse la logica cinica della statistica. E quando chiedeva sarcasticamente (forse a Yalta) “quante divisioni ha il papa?” dava per scontato che la forza militare fosse molto più importante della forza spirituale nella politica, ma implicitamente ammetteva che il papa detenesse un’influenza sulle anime umane che non poteva essere trascurata del tutto.

Fatte le debite differenze, sembra che anche Netanyahu abbia una percezione degli altri poco consistente, come accade a gran parte degli uomini e delle donne che si impegnano in politica, soprattutto se leader. Ma le decisioni di Netanyahu stanno trasformando la democrazia israeliana in una cosiddetta “democratura”, similmente a diversi capi di stato dell’Europa orientale, a Trump, a Berlusconi e ad altri leader eletti democraticamente, ma con tendenze autoritarie. Come loro, sembra non considerare i propri limiti ed i limiti delle persone che da lui dipendono. Sembra quindi essere pervaso da fantasie di onnipotenza che lo portano a distorcere la realtà, a sopravvalutare le proprie forze e le forze dello stato d’Israele, rimuovendo e negando le proprie debolezze e l’effettiva forza degli avversari e dei nemici.

Come tanti altri capi di stato, non è disponibile a cedere minimamente il suo potere, a lasciare spazio ad altri leader, producendo una pericolosa involuzione della democrazia, che, per restare tale, comporta inevitabilmente un’alternanza al potere. In quale altra democrazia occidentale un leader rimane al potere per oltre venti anni?

Certamente Netanyahu sta preparando per sé stesso un’uscita di scena triste, se non tragica. Sarà ricordato dai più per il suo squallido cinismo, per le guerre, per le violenze, le distruzioni e le morti che ha provocato e fatto commettere dall’esercito israeliano. Ha fatto distruggere il 70% degli edifici di Gaza, e ha prodotto 45.000 morti accertati (ma probabilmente molti di più) fra i suoi abitanti.

Il rischio maggiore è che il suo istinto di morte e i suoi vissuti di onnipotenza portino alla dissoluzione dello stato d’Israele, alla rovina e alla morte di tanti altri esseri umani, compresi tanti israeliani e tanti ebrei.

Spero che Israele riesca a liberarsi presto di questo triste personaggio.

 

Sandro Ventura

Medico specialista in psichiatria (1984)

presso l’Università di Firenze

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