Salvini, l’internazionale sovranista e Israele

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La missione in Israele del ministro degli Interni italiano si è conclusa come previsto: Salvini si è recato allo Yad Vashem dove ha dichiarato il proprio impegno che i crimini della Shoah non si ripetano, e il primo ministro Netanyahu ha dichiarato che “Salvini è un grande amico di Israele”.

La visita ha ricevuto ampia copertura mediatica in Israele e in Italia e suscitato dibattito in seno alla comunità ebraica italiana.

Quali le credenziali di questo “grande amico di Israele”? Nel febbraio 2015, il movimento di estrema destra Casa Pound ha partecipato a un comizio della Lega in Piazza del Popolo a Roma in un clima di grande cameratismo. Nel febbraio di quest’anno, Simone Di Stefano, leader di questa organizzazione che si autodefinisce neo-fascista, si è dichiarato pronto a sostenere un governo a guida Salvini. Inoltre, Salvini tesse legami con ogni espressione dell’estrema destra come “Lealtà Azione” e ammicca a parole d’ordine mussoliniane (“tanti nemici tanto onore”, “chi si ferma è perduto”) proponendo il suo partito come ricettacolo di ogni nostalgia fascista. E non solo solidarizza con il regime illiberale dell’Ungheria di Orbán, ma ne asseconda le peggiori pulsioni nella campagna sulla Teoria della “sostituzione”, secondo cui i flussi migratori verso l’Europa sarebbero lo strumento attraverso il quale una fantomatica élite internazionale (non a caso facente capo a un ebreo, George Soros) intenderebbe sostituire la “razza europea” – bianca e cristiana – con milioni di migranti, preferibilmente musulmani, per distruggere la civiltà occidentale.

Dalla pagina Facebook del leader della Lega durante l’ultima campagna elettorale, gennaio 2018

È una tesi che sembra un’eco dei Protocolli dei Savi di Sion. Sul piano internazionale Salvini si allea con altri nuovi “amici di Israele”: con Trump, “imparziale” di fronte alla più grande manifestazione neonazista degli ultimi anni negli Stati Uniti (a Charlottesville, agosto 2017); con Marine Le Pen in Francia; con il governo polacco, che con l’ultima legge propugna il “negazionismo” circa le responsabilità polacche nella Shoà; con Jair Bolsonaro, in Brasile, che minaccia il carcere per le opposizioni. Sono tutti esponenti accaniti delle idee più illiberali, nazionaliste e xenofobe. Eppure, tutti oggi, con Salvini e come Salvini, “amici di Israele”, visto che in tempi recenti, Netanyahu ha ricevuto a Gerusalemme il gotha dell’internazionale sovranista – Trump, Orbán, Zeman (presidente della repubblica ceca), è andato in missione da Putin e ora ha accolto Salvini accompagnato dalla presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni.

Per capire quanto sia cambiato il clima politico israeliano in questo scorcio di secolo basta ricordare che nel 2000, quando il partito di estrema destra FPÖ il cui leader Jörg Haider, noto per pregiudizi antisemiti, era entrato nel governo austriaco, il governo israeliano richiamò il proprio ambasciatore ristabilendo i legami diplomatici con Vienna solo tre anni più tardi. Oggi, l’Israele di Netanyahu non coltiva più lo stesso rigore antifascista. Residui di quel rigore rimangono nell’establishment israeliano; l’estate scorsa, Yair Lapid, ungherese di origine e presidente di Yesh Atid, ha dichiarato su Twitter che ricevere Orbàn in Israele era una vergogna. La settimana scorsa, il presidente israeliano Reuven Rivlin ha evitato di incontrare Salvini seguendo – ipotizziamo – il proprio monito “Ci sono movimenti neo-fascisti che hanno un’influenza considerevole e pericolosa che, a volte, esprimono il loro sostegno per lo Stato d’Israele. Non si può dire ‘Ammiriamo Israele e desideriamo avere relazione con esso, ma siamo neo-fascisti’. Il neo fascismo è del tutto incompatibile con i principi e i valori sui quali Israele è stato fondato”. (Intervista alla CNN, 29 novembre 2018).

Qualche giorno prima del viaggio di Salvini è circolato in Italia un appello proposto da JCall (di cui noi siamo membri), sottoscritto da un centinaio di ebrei e menzionato su La Repubblica, il Corriere della Sera e Hareetz, e un intervento è stato da noi pubblicato su Il Manifesto e citato su Haaretz. Il senso di entrambi i testi era l’allarme per il fatto che il ministro italiano ricevesse un’ambigua patente filo-israeliana, tale da metterlo al riparo dal sospetto di antisemitismo mentre continua nella sua campagna xenofoba e razzista e nelle sue alleanze con forze antisemite in Italia e in Europa.

Analoghe considerazioni sono circolate in Israele su Haaretz, e attivisti israeliani hanno sintetizzato la loro critica con un’eloquente immagine postata su Facebook:

Il testo recita Yad Vashem La lavatrice israeliana

Inoltre, vale la pena ricordare che gli storici dello Yad VaShem, avevano già lanciato l’allarme denunciando l’intenzione “revisionista” del governo polacco di criminalizzare chi ricorda le responsabilità polacche nella Shoà.

Che cosa induce il governo Netanyahu ad abbandonare le discriminanti a cui richiama lo stesso presidente di Israele Rivlin, e ad accogliere come amici esponenti di politiche illiberali e non prive di rapporti con forze antisemite? Che cosa induce Netanyahu a scambiare l’appoggio politico di simili alleati con la copertura data da Israele alle loro politiche, xenofobe o razziste ma “non antisemite”, in quanto santificate dall’amicizia offerta loro, appunto, da Israele?

Certo Israele ha un bisogno vitale di alleanze, ed ha una sua logica discutibile che le trovi tra chi va costruendo un fronte antislamico. Anche se Israele tesse rapporti con il regime saudita per contenere l’influenza dell’Iran. E nella dimensione geo-politica non si va tanto per il sottile: il cinismo è la regola, ma ha il suo prezzo. Pure, al di là della geopolitica, c’è dell’altro.

Netanyahu persegue una politica dei respingimenti dei rifugiati (dall’Eritrea e dal Sudan in particolare); ha messo sotto accusa le ong israeliane che sostengono i “diritti umani” (dei cui principi la tragedia ebraica è stata un’ispiratrice, principi a cui lo Stato di Israele ha aderito in altri tempi), e con la legge varata dalla Knesset il 19 luglio, con solo due voti di maggioranza, ha sancito la discriminante etnica in Israele e il privilegio ebraico, contravvenendo all’uguaglianza tra tutti i cittadini dello Stato, uguaglianza che dovrebbe essere il criterio distintivo dell’“unica democrazia del Medio Oriente”: sono dunque le affinità di fondo con i sovranismi etno-nazionalisti che prendono piede in Europa e in America a guidare le nuove alleanze di Israele, e a aggirare le discriminanti di un tempo.

Come traspare dalle preoccupazioni del Presidente di Israele Reuven Rivlin, del Presidente del Congresso Ebraico Mondiale Ronald Lauder o del Rabbino Pinchas Goldshmidt, presidente della Conferenza dei Rabbini d’Europa, è in corso una mutazione su cui gli ebrei sono divisi. Per molti, qualunque decisione del governo israeliano è indiscutibile: per loro Israele è lo Stato Guida, come un tempo lo era il Vaticano per i cattolici o l’Urss per comunisti: una patria, un luogo di salvezza, il cuore dell’identità, che riassume l’ebraismo stesso e spesso persino lo sostituisce. E se il governo di Israele annuncia che la destra sovranista e xenofoba è affidabile, ad essa si affidano.

Ma, guardando all’esperienza storica, noi pensiamo che ogni nazionalismo populista rappresenti una minaccia per la democrazia, per la cultura, per la convivenza pluralista, per le minoranze. E prima o poi anche per gli ebrei. Per cui ci domandiamo: queste nuove alleanze illiberali di Israele non rischiano di creare una contraddizione mai vista prima tra gli interessi attuali dello Stato di Israele e quelli di lungo periodo della diaspora? Questa indifferenza alle discriminanti etiche e politiche dettate dalla memoria stessa della Shoà non rischia di ferire gravemente la memoria e l’identità stessa degli ebrei? Queste alleanze in nome della sicurezza di Israele non rischiano di incoraggiare forze che minacceranno la sicurezza di minoranze etniche, culturali e religiose inclusi gli ebrei?

Noi crediamo di sì e invitiamo la comunità ebraica a discutere su questi temi.

David Calef

Stefano Levi Della Torre

fonte : Hakeillah

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