NUOVO APPELLO DI JCALL : SALVARE LA DEMOCRAZIA IN ISRAELE

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Abbiamo lanciato lAppello alla ragione fondativo di JCall nel 2010 profondamente preoccupati per l’esistenza di Israele. Scrivevamo allora che “senza sottovalutare la minaccia esterna, il pericolo giaceva anche nell’occupazione e nell’espansione ininterrotta degli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Solo la fine dell’occupazione e la creazione di uno stato palestinese al lato di Israele possono garantire ad esso un futuro di stato democratico con maggioranza ebraica. Il persistere dell’occupazione condurrà invece ad una scelta illusoria fra due assetti perversi : uno stato binazionale fonte di una permanente guerra civile o uno stato esclusivamente ebraico che condurrebbe ad un regime di apartheid verso i palestinesi. Dodici anni dopo la situazione si è aggravata. A ciò si aggiunge oggi una minaccia immediata che incombe sulla democrazia. Le elezioni del 1 novembre svoltesi nel rispetto delle regole democratiche e della libertà di voto hanno prodotto una maggioranza pur debole ad una coalizione nella quale alcune componenti mettono in questione le fondamenta stessa della democrazia nel paese. Fin dalla sua creazione e malgrado lo stato di guerra e le continue minacce esterne lo stato di Israele ha saputo rispettare sino ad oggi lettera e spirito dei valori sui quali poggia la Dichiarazione di indipendenza. Oggi se il governo in formazione decidesse di dare attuazione alle misure previste dagli accordi fra i partiti della coalizione Israele rischia di violare le sue stesse fondamenta.

Una democrazia non è definita soltanto in virtu’ del potere della maggioranza eletta in libere elezioni, ma anche dell’esistenza di contrappesi – una costituzione e un parlamento composta di una o due camere. In Israele dove il parlamento è composto di una unica camera 8la Knesset), non vi è una costituzione ma vi sono leggi fondamentali alle quali devono conformarsi i testi di legge approvati dalla Knesset.. Il solo organo deputato a giudicare tale conformità è la Corte suprema : essa può deliberare che una legge approvata dalla Knesset è contraria ad una delle leggi fondamentali e quindi annullarla. Oggi alcuni esponenti della coalizione di maggioranza dichiarano la loro intenzione di modificare il potere di controllo della corte consentendo ad una semplice maggioranza di deputati (metà piu’ uno) di ripristinare una legge che la Corte abbia respinto.

Una democrazia si definisce non solo per il potere della maggioranza, ma anche per il rispetto dei diritti delle minoranze. I padri fondatori di Israele lo avevano previsto avendo stabilito nella Dichiarazione di indipendenza che il nuovo stato avrebbe assicurato “la piena eguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i cittadini, senza distinzione di credo, razza o sesso”. Oggi nella nuova maggioranza vi sono individui autori di affermazioni razziste contro gli arabi nonché di posizioni omofobe.

I padri fondatori avevano inoltre affermato nella stessa Dichiarazione che il futuro stato sarebbe stato “aperto all’immigrazione di ebrei da tutti paesi in cui essi sono dispersi” evitando di definire “chi è ebreo”. Questo principio ha condotto alla Legge del ritorno che ha permesso dopo 74 anni a milioni di ebrei di immigrare in Israele. Ora alcuni esponenti della coalizione esigono una modifica della legge al fine di privare nuovi immigrati (e ad immigrati già insediatisi nel paese) lo status di ebrei. Vogliono altresì adottare misure che prevedano la separazione fra donne e uomini in eventi pubblici finanziati con fondi dello stato . Se questi piani fossero approvati, ne conseguirebbe una frattura profonda fra Israele e l’ebraismo della Diaspora che rimetterebbe in questione le stesse fondamenta del progetto sionista all’origine del paese.

Inoltre il progetto di modificare lo status quo vigente dal 1967 sul Monte del tempio a Gerusalemme permettendo ad ebrei di pregare in quel luogo – così come proposto dal nuovo ministro della sicurezza nazionale – rischia di infiammare la Cisgiordania e forse l’intera regione del Medio Oriente.

Per tutte queste ragioni abbiamo deciso di rilanciare oggi il nostro appello alla ragione indirizzato ai governanti israeliani perché non dimentichino le fondamenta del paese di cui esercitano oggi la responsabilità politica. Israele appartiene a coloro che vi abitano. Ma gli ebrei della Diaspora, legati come sono indissolubilmente alla sua esistenza in sicurezza, possono e devono, in nome di tale legame e del sostegno che ad esso offrono allorchè necessario, esprimere la loro preoccupazione circa tali derive antidemocratiche. Esse costituirebbero il vero pericolo per il futuro del paese. Per questo motivo siamo al fianco di cittadini e movimenti della società civile in Israele che si stanno mobilitando a difesa della democrazia e chiediamo a coloro che si riconoscono nei principi di questo appello di firmarlo e diffonderlo raccogliendo ulteriori adesioni.

Per firmare il nostro appello andate sul sito di JCall in francese dove sono raccolte tutte le firme

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