50 anni di occupazione sono troppi.
Se ti interessa Israele, il silenzio non è più un’opzione
Sì a Israele, no all’occupazione
Appello all’azione per chiunque nel mondo sia interessato a porre fine all’occupazione.
É giunto il momento di intraprendere azioni collettive per porre fine all’occupazione israeliana. Il 2017, meno di due anni da oggi, segnerà il cinquantesimo anniversario dell’occupazione israeliana della Cisgiordania. É inaccettabile che nel XXI secolo uno Stato mantenga un’occupazione indesiderata su un altro popolo senza garantire pieni diritti umani e di cittadinanza alla popolazione occupata. Il governo israeliano afferma che il termine “occupazione” non descrive la situazione, ma rifiuta di prendere una decisione circa lo status di quei territori e del popolo palestinese, mantenendo così un regime di discriminazione, oppressione e sfruttamento.
É giunto il momento di incamminarsi sulla strada della pace, e realizzare la soluzione dei due Stati, quello israeliano e quello palestinese, l’uno di fianco all’altro. Altrimenti per il 2017 devono essere garantiti “uguali diritti per tutti” ai residenti israeliani e palestinesi tra il Giordano e il Mediterraneo, perché un regime non democratico in quest’area non è più accettabile.
Come cittadini israeliani ed ebrei, ti chiediamo di unirti al movimento “Ferma l’occupazione israeliana” (Stop the Occupation, Save Israel, SOSI) che chiede la fine dell’occupazione israeliana. Gli eventi culmineranno con la data del 5 giugno 2017. Il movimento, basato sul principio “piantiamo migliaia di alberi”, chiede a comunità, Ong, istituzioni o associazioni di organizzarsi autonomamente con l’obiettivo di tenere eventi pubblici che culmineranno il 5 giugno 2017, e continuare a organizzarli finché l’obiettivo verrà raggiunto.
Gli sforzi uniti e coordinati di molti gruppi produrranno risultati migliori rispetto ad una situazione in cui ogni gruppo agisce per conto suo. In questo tentativo invitiamo ad unirsi a noi individui e organizzazioni che credono che l’occupazione debba finire e che lo Stato di Israele abbia pieno diritto ad un’esistenza legittima e sicura.
Questi eventi intendono esprimere pubblicamente la nostra preoccupazione sull’attuale situazione critica, e fare appello ai leader di Israele perché ritornino ai valori pacifici, morali, democratici e umanistici che tutti condividiamo e pongano fine all’occupazione. Per chi di voi è ebreo, vi mandiamo questo urgente appello perché crediamo che voi condividiate i valori umanistici del nostro retaggio ebraico, e che sosteniate i nostri sforzi di far progredire Israele sul cammino di questi valori che amiamo. Ovunque gli ebrei hanno sempre lottato per rendere questo mondo un posto migliore: “tikkun olam”, ovvero “riparare il mondo” nella tradizione dei Profeti. Essi hanno lottato contro atti immorali, oppressivi e antidemocratici, hanno alzato la voce contro la discriminazione degli ebrei in altri Paesi. Ma ora siamo noi a dover far sentire le nostre voci quando Israele si allontana via via dalla nostra tradizione giudaico-umanistica e dalla ricerca della pace.
La perdurante occupazione della Cisgiordania, la continua espansione degli insediamenti ebraici, e il blocco imposto alla Striscia di Gaza, violano i basilari diritti umani e collettivi dei palestinesi, ed indeboliscono il tessuto democratico ed etico della società israeliana. Il governo con i suoi atti non solo viola il diritto internazionale ma infrange le leggi israeliane, minando così alle fondamenta la stessa democrazia israeliana. Se non si pone fino a questo stato di cose, ciò renderà impossibile l’auspicata soluzione dei due Stati e Israele dovrà allora garantire gli stessi diritti a tutti.
Le nostre voci devono esser udite forti e chiare, in modo che si sappia che un ebraismo umanistico esiste, e che ha il coraggio non solo di criticare l’ingiustizia e l’immoralità all’estero ma anche di denunciarle quando avvengono in Israele. Questa è un’espressione di un sentimento di preoccupazione e amore per Israele, così come una denuncia dell’occupazione. É una nostra responsabilità verso le generazioni future, che pagheranno un prezzo alto per i nostri silenzi. Il costo del silenzio supera di gran lunga il costo di un impegno fattivo. Se rimaniamo paralizzati, alla fine perderemo le fondamenta della nostra comune identità ebraica, così come il grande contributo di Israele alla stessa identità ebraica. Dobbiamo parlare chiaro e tondo e agire come parte del popolo ebraico, proprio per il nostro amore per Israele. É nostro dovere affrontare una situazione che si diparte da norme e codici morali sia del mondo ebraico che della comunità internazionale. Come ebrei che hanno a cuore la propria identità ebraica, e sono legati a Israele, dobbiamo tutti partecipare alla lotta per salvare Israele dalle spinte nazionalistiche, anti-democratiche, razziste e xenofobe al suo interno.
Allo stesso modo in cui gli ebrei in vari Stati del mondo hanno spesso partecipato a manifestazioni per le cause “dell’altro” in nome dell’eguaglianza, della giustizia e della libertà, chiediamo alle persone nel mondo, indipendentemente dalla loro appartenenza e cultura, di opporsi all’occupazione israeliana che nega questi valori. Lottare per porre fine all’occupazione in nome di questi valori non è un rigurgito di antisemitismo, ma al contrario è un tentativo di costruire un mondo migliore per tutti.
Dobbiamo proseguire sulle orme di Theodor Herzl e di Martin Luther King, che sapevano come trasformare i loro sogni in azioni collettive. Come questi giganti, anche noi vogliamo sognare oltre l’orizzonte. Noi non crediamo più che mettendo a tacere la nostra coscienza con i piccoli passi possiamo raggiungere l’obiettivo, quello di assicurare la sicurezza, l’uguaglianza e la pace per le prossime generazioni di ebrei israeliani e per tutti gli altri cittadini affinché vivano nello stato di Israele, come promesso nella “Dichiarazione di indipendenza dello Stato di Israele” dai Padri fondatori nel 1948, che dice che lo Stato di Israele “sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace come predetto dai profeti d’Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite”.
Di conseguenza chiediamo: ponete fine all’occupazione, o garantite diritti uguali per tutti. I leader israeliani devono udire questa richiesta potente e inequivocabile proveniente da molte voci e capire che la scelta di continuare l’occupazione è disastrosa per il futuro di Israele.
É nostro dovere denunciare tutto questo ed agire, come detta la nostra coscienza, e non rimanere dei meri spettatori. Alla fin fine, la storia ci giudicherà tutti dalle nostre azioni o inazioni. Questo potrebbe richiedere di spostare le montagne, ma non possiamo tradire i nostri valori. Se ciascuno di noi dà una mano per spostare una pietra, insieme sposteremo la montagna.
Sì, dobbiamo e possiamo!
* Daniel Bar-Tal, docente emerito di Psicologia politica, Università di Tel Aviv