Come premesso in un mio articolo su Ha-Keillah (maggio 2017) , la campagna promossa dall’Appello di oltre 500 israeliani agli ebrei del mondo per un’azione comune e coesa al fine di una soluzione negoziata del conflitto israelo-palestinese che contempli la fine di un’occupazione che perdura, iniqua e distruttiva per ambedue i popoli, dal 1967 e un assetto pacifico basato su due stati, come le Nazioni Unite prefigurarono con la decisione di 70 anni fa, del novembre 1947, ha tratto alimento e forza dall’impegno collettivo e contemporaneo di individui, associazioni e comunità ebraiche nella Diaspora. In 16 luoghi – Boston, Washington, New York, Los Angeles negli Stati Uniti, Ottawa e Toronto in Canada, Buenos Aires in Argentina, Canberra in Australia, Pretoria in Sud Africa, e in Europa, Roma, Parigi, Londra, Bruxelles, Zurigo, Stoccolma, Amsterdam – si sono firmate lettere rivolte agli Ambasciatori di Israele, diffuse dichiarazioni attraverso la stampa e i social media o svolte manifestazioni pubbliche in sostegno alla campagna.
Il manifesto che dà il senso anche iconografico di quanto fatto in Italia è qui allegato. Molto altro materiale è disponibile sul sito.
La lettera sottoscritta da ebrei italiani – già pubblicata in Ha-Keillah (luglio 2017) – è stata oggetto di un incontro con l’Amb. Ofer Sachs a Roma, che ha sottolineato l’importanza di riconoscere il pluralismo delle opinioni e la piena legittimità del dissenso nel mondo ebraico in Israele così come nella Diaspora. Opinioni ancorchè di minoranza sono legittime e l’Ambasciata di Israele ritiene di ascoltarle con attenzione. Ci ha anche assicurato che – come abbiamo chiesto – trasmetterà ai servizi del Ministero degli Esteri a Gerusalemme le nostre istanze. Ci saranno risposte – diplomatiche, convenzionali o meno ?
Circa i contenuti, ha ricordato che la posizione ufficiale del governo, ribadita anche di recente da Netanyahu, è in favore dei “due stati”; Israele propone la ripresa dei negoziati con l’ ANP senza precondizioni ed è interessata ad accordo regionale con i paesi arabi sunniti e “moderati”. Vi è peraltro fra i due popoli e le loro rappresentanze politiche una grave mancanza di fiducia da cui deriva una profonda distanza di posizioni negoziali. Nella percezione degli israeliani l’ANP è incapace di “deliver” un accordo di pace stabile e credibile per l’opinione pubblica in Israele, perché i palestinesi sono divisi fra Cisgiordania e Gaza, fra Fatah e Hamas, perché la stessa ANP finanzia le famiglie dei terroristi e detenuti nelle carceri, perché persiste nell’incitamento all’odio in scuole e media, ecc.
Noi, riaffermando gli argomenti della lettera e le posizioni di JCALL, abbiamo ribadito un sentimento di disagio e preoccupazione per la distanza crescente e il senso di straniamento che si va affermando fra ebrei della Diaspora e Israele, soprattutto negli USA, ancorchè meno apparente in Europa ; per il degrado di norme e prassi democratiche in Israele (vedi leggi sulle ONG, sul boicottaggio, sullo stato-nazione, sull’ortodossia) ; per l’ espansione continua degli insediamenti che rendono via via più difficile una soluzione a “due stati” e prefigurano nei fatti uno stato binazionale senza diritti per i palestinesi ; infine, per la mancanza di un’ iniziativa diplomatica da parte di Israele, incluso il rigetto dell’offerta di pace della Lega Araba che da tempo propone rapporti normali con Israele sulla base di condizioni che possono essere materia di trattativa fra le parti ma che mostrano un mutato atteggiamento dei paesi arabi, disposto al compromesso e volto a sostenere in un quadro regionale un eventuale accordo di pace fra Israele e i palestinesi.
Giorgio Gomel